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Sconto in fattura e Risoluzione. Tisi: “Solo la soglia minima ci salverà”

Blog. Dei quattro correttivi proposti dalla Risoluzione della 10.a Commissione permanente solo uno potrà essere efficace, afferma l’ing. Giovanni Tisi, consulente settore serramenti

Sulla Risoluzione della 10.a Commissione permanente sull’Affare assegnato N. 290 (vedi news) interviene l’ing. Giovanni Tisi, consulente settore serramenti, prendendo in esame le soluzioni proposte per uscire dai problemi creati dal tanto dibattuto sconto in fattura, procedura aperta dall’articolo 10 del Decreto Crescita. Tisi ne salva solo una. Anche la sospensione dell’articolo 10 e dello sconto in fattura non risolverebbe la situazione. Ecco spiegato perché (eb)


Portale ENEA 2018
Giovanni Tisi

Lo sconto in fattura (articolo 10 legge 58/19) è l’argomento principe delle discussioni intorno alla ddl Legge di Bilancio 2020, per quanto riguarda il settore dei serramenti.

E’ infatti evidente a tutti che il suo mantenimento rappresenterebbe una vera disgrazia per tutti i piccoli produttori impossibilitati ad accedervi in modo onesto, e un serio problema anche per gli operatori più grandi che, in ogni caso, non possono certo godere delle enormi disponibilità finanziarie e capacità fiscali delle multiutility. Lo riconosce la stessa Risoluzione approvata due giorni fa dalla 10.a Commissione permanente.

Mantenere l’articolo 10 significa modificare pesantemente le dinamiche di mercato per tutto il settore dei serramenti, delle caldaie e dei pannelli solari: questo deve essere ben chiaro al legislatore. Se è questo che si vuole, lo si dica chiaro e tondo.

Abbiamo già scritto (vedi blog) che i prodromi risalgono a ben prima dell’uscita della legge di stabilità: lo stesso meccanismo perverso è già contenuto nella legge 205/2017, cioè da DUE ANNI e che, di conseguenza, abrogare il solo articolo 10 non è sufficiente. Se va studiato un correttivo, questo deve comprendere anche gli effetti altrettanto perversi della 205/2017, che sono stati solo meno evidenti per la mancanza degli strumenti attuativi che l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato solo ad Aprile scorso, ma che, oggi, sarebbe pienamente applicabile.

Se leggiamo attentamente la Risoluzione della Decima Commissione permanente, che è un atto di indirizzo al Governo affinché metta mano al problema (perché di serio problema si tratta), già nella Legge di Bilancio 2020 in discussione, ci troviamo un po’ di tutto: una pesca a strascico di tutto quello che già è contenuto nei vari emendamenti presentati alla legge di bilancio.

In particolare, vengono proposti 4 correttivi:
• la sospensione dell’articolo 10 (cancellarlo sarebbe più semplice, ma vorrebbe dire ammetter di aver preso una cantonata)
• la creazione di un ‘fondo obbligato’ all’acquisto dei crediti ceduti
• l’individuazione di un meccanismo che consenta la trasformazione della detrazione in credito utilizzabile
• l’individuazione di una soglia minima al di sotto della quale il meccanismo non sia applicabile.

Dovrebbe essere immediatamente chiaro a tutti che l’unico davvero utile è il quarto, l’imposizione di una soglia minima.
Infatti, il primo, cioè la sospensione dell’articolo 10, sarebbe inutile, stante che la misura sopravvivrebbe in virtù della legge 205/2017 e che i meccanismi che ne hanno allora ritardato l’introduzione, oggi sono pienamente avviati.

Il secondo si scontra con la necessità di non far gravare sul bilancio dello Stato questa anticipazione; per inciso, qualsiasi forma si trovasse, potrebbe più validamente applicarsi alla diretta riduzione dei tempi di ammortamento concessi al cliente, senza bisogno di intermediazioni.

Il terzo, che si traduce nella proposta di chiedere al cliente di aprire un conto corrente specifico, sul quale intestare un mutuo bancario, è tanto complicata e farraginosa che porterebbe a costi inaccettabili soprattutto per la stragrande maggioranza degli interventi che, non dimentichiamolo, sono di importo piccolo.

Solo il quarto, l’individuazione di una soglia minima, di almeno 30-40 mila euro riporterebbe la cessione del credito o lo sconto diretto in fattura, nell’alveo originario per cui è stato pensato e cioè per consentire l’effettuazione di quegli interventi condominiali che, da sempre, sono solo una piccola minoranza degli interventi incentivati se raffrontati con i potenziali utenti coinvolti.

Tutti gli altri, rischiano di essere solo palliativi, interventi di facciata buoni giusto per tacitare la coscienza.

Ing. Giovanni Tisi

a cura di Ennio Braicovich