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Vetro extrachiaro – Raccontare i cantieri

Il vetro extrachiaro non è solo un dettaglio tecnico: è un alleato per valorizzare la luce naturale, restituire colori fedeli e creare ambienti interni più luminosi e accoglienti, anche quando l’architettura o l’esposizione limitano le aperture

In questo articolo di ottobre di “Raccontare i Canieri” William Bisacchi (serramentista con oltre 30 anni di esperienza) ci parla di vetro extrachiaro.

Siamo a dicembre, è iniziato l’inverno e le nostre case sono un po’ più buie. Quale momento migliore per parlare di un vetro che permette di ottenere fino al 10–15% di luminosità in più rispetto a un vetro tradizionale? In un periodo dell’anno in cui la luce naturale è più scarsa, il tema della trasparenza assume un ruolo fondamentale nell’architettura e nel comfort abitativo. Esiste una tipologia di vetro in grado di incrementare sensibilmente la luminosità interna, migliorando la resa cromatica e la qualità della luce: il vetro extrachiaro.

 

Che cos’è un vetro extrachiaro?

Il vetro extrachiaro è una particolare tipologia di vetro molto più trasparente e luminoso rispetto al comune vetro “trasparente”, che in realtà presenta una dominante verdognola dovuta alla presenza di ossidi di ferro. Questa tonalità, invisibile ai più fino a quando non si confrontano due campioni, agisce come un leggero filtro, alterando la percezione dei colori naturali – un po’ come gli occhiali da sole chiari alla Robert Downey Jr. (Iron Man). Questa tipologia di vetri è chiamata in gergo low-iron, cioè “a basso contenuto di ferro”. Più avanti parleremo anche dell’argento contenuto nei trattamenti basso emissivi che li accompagnano nell’utilizzo in vetrata doppia e tripla.

Il vetro extrachiaro deve la sua trasparenza alla purezza della sabbia silicea impiegata nella produzione. È realizzato utilizzando sabbie con un contenuto di ossidi di ferro (Fe2O3) estremamente ridotto, generalmente compreso tra 0,01% e 0,02%, contro lo 0,1–0,2% dei vetri float standard. Da qui nasce il nome Low-Iron, cioè “a basso contenuto di ferro”.

Ogni grande produttore di vetro identifica i propri vetri extrachiari con un nome commerciale specifico: AGC Glass Europe li chiama Clearvision®, Guardian Glass li commercializza come Guardian UltraClear®, Saint-Gobain utilizza il marchio Diamant®, mentre Pilkington li propone come Optiwhite™.

È bene prestare attenzione a queste denominazioni, perché può generare confusione. Un esempio tipico è il vetro Extra-Clear di Guardian, che a dispetto del nome non è un extrachiaro, ma un vetro trasparente standard; il vero extrachiaro della stessa azienda, come visto, è UltraClear®.

Oggi i vetri trasparenti più diffusi sul mercato sono classificati come mid-iron, cioè con un medio contenuto di ferro. Rispetto ai vecchi vetri float risultano meno verdognoli, ma restano comunque lontani dalla neutralità ottica e dalla purezza visiva dei veri vetri low-iron, che appaiono praticamente incolori.

 

Quando utilizzare i vetri extrachiari tre contesti di utilizzo

È piuttosto raro che un committente richieda spontaneamente l’utilizzo di vetri extrachiari. Nella maggior parte dei casi, questa esigenza emerge solo quando il progetto è seguito da un architetto particolarmente attento ai dettagli o quando si tratta di realizzazioni di alto livello architettonico ed estetico.

Tuttavia, esistono tre situazioni in cui un professionista esperto dovrebbe proporre attivamente questa soluzione, anche se non espressamente richiesta dal cliente:

1) Quando il rapporto aero-illuminante è al limite

Situazione frequente nelle ristrutturazioni, dove finestre di piccole dimensioni si combinano con ambienti di ampia metratura. In questi casi il rapporto aero-illuminante risulta spesso al limite dei valori minimi richiesti dalla normativa, con il rischio di ottenere locali poco luminosi e meno confortevoli.

L’impiego di vetri extrachiari consente di aumentare in modo significativo la trasmissione luminosa — fino al 10-15% rispetto a un vetro standard — migliorando la qualità della luce naturale e il comfort visivo complessivo. Si tratta di un accorgimento semplice ma molto efficace, soprattutto quando non è possibile ampliare le aperture o modificare l’architettura dell’edificio.

2) Edifici molto moderni con utilizzo di tinte bianche

In questo tipo di architettura, il contrasto con il bianco delle pareti esterne tende ad accentuare il riflesso verdognolo dei vetri standard, rendendo l’insieme visivamente poco elegante. In molte realizzazioni di questo tipo, l’effetto finale ricorda più quello di una “bottiglia” che di una finestra moderna.

Per evitare questo risultato, è sempre consigliabile proporre vetri extrachiari. Il costo leggermente superiore è pienamente giustificato dal risultato estetico e dalla coerenza architettonica con le finiture chiare dell’edificio.

In questi casi, un vero professionista che conosce il problema deve almeno proporre questa soluzione. Se poi il cliente decidesse di rinunciarvi per motivi di budget, avrete comunque svolto il vostro ruolo nel modo corretto — senza il rimpianto di un lavoro che poteva essere eseguito meglio e senza la consapevolezza, spiacevole, che il cliente non ne fosse stato informato.

Vetro extrachiaro in facciate bianche: fondamentale per evitare l’effetto verdognolo dei vetri standard

 

3) Dove il colore e la vista contano

Negli infissi che si affacciano su panorami di grande pregio – come una terrazza sul golfo di Napoli o una villa con vista sulle Dolomiti – la qualità ottica del vetro assume un ruolo determinante. In questi contesti, la resa cromatica deve essere la più neutra possibile per restituire la realtà senza dominanti cromatiche indesiderate.

I vetri standard, contenendo ossidi di ferro, introducono una tonalità verdognola che altera lievemente la percezione dei colori naturali. Un vetro extrachiaro, invece, garantisce un indice di resa cromatica (CRI) elevato, restituendo tonalità più fedeli e una trasparenza cristallina che valorizza il paesaggio, senza filtri.

Lo stesso principio vale per le vetrine commerciali, dove la corretta resa dei colori è fondamentale. Negozi di abbigliamento, showroom di design o gioiellerie traggono grande vantaggio dall’uso di vetri extrachiari: i colori risultano più veritieri, i materiali più brillanti e la luce naturale più intensa. Un dettaglio tecnico che, nella percezione visiva del cliente, può fare la differenza tra un’esposizione ordinaria e una presentazione di alto livello (Come nella foto di apertura)

 

Dal vantaggio estetico alle scelte tecniche

Nei vetri low-iron occorre prestare particolare attenzione al tipo di trattamento basso emissivo (coating) che si decide di utilizzare, perché una scelta non corretta può vanificare in parte il vantaggio in termini di luminosità.

Questo tipo di vetro dà il meglio di sé con coating a doppio strato d’argento, ovvero quelli che, in vetrata doppia, consentono di ottenere un valore di Ug pari a 1,1 W/m²K. Si tratta del miglior equilibrio possibile tra isolamento termico e trasmissione luminosa.

L’utilizzo di un coating a triplo strato d’argento (Ug 1,0 W/m²K) riduce sensibilmente la trasmittanza luminosa, rendendo il vetro più scuro e penalizzando proprio la caratteristica principale del low-iron, ovvero la sua straordinaria trasparenza.

Lo stesso ragionamento vale per i vetri selettivi, che – a partire dal noto 70/35 – sono quasi sempre realizzati con triplo strato d’argento. Pur garantendo un eccellente isolamento termico (Ug 1,0 W/m²K in vetrata doppia), presentano una trasmissione luminosa troppo bassa per essere impiegati efficacemente in versione extrachiara. È per questo motivo che i vetri selettivi extrachiari sono molto rari o addirittura assenti dal mercato.

Quando è necessario combinare trasparenza e controllo solare, un compromesso accettabile consiste nell’utilizzare una lastra esterna selettiva “mid-iron” (contenuto ferroso intermedio) e una lastra interna low-iron. Il risultato è un vetro meno verdognolo rispetto a uno standard, pur restando un compromesso sotto il profilo ottico.

Infine, quando il progetto richiede di raggiungere valori di Ug pari a 1,0 W/m²K per rispettare i limiti di legge, è preferibile evitare l’impiego di vetri extrachiari con coating a triplo strato. In questi casi, se l’esigenza estetica e termica lo impone, si può considerare una vetrata tripla low-iron, che consente di mantenere un’elevata trasparenza pur garantendo prestazioni termiche conformi ai requisiti normativi.

Differenza ottica tra coating a doppio e triplo strato su vetro extrachiaro
Differenza ottica tra coating a doppio e triplo strato su vetro extrachiaro