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Aluminium EcoBuilding: il comparto punta al carbon free

Aluminium EcoBuilding è un innovativo progetto dell’associazione Aital che ha come obiettivo la decarbonizzazione del settore. Si parte dal concetto di durabilità del prodotto adottando pratiche di simbiosi industriale per ottimizzare l’impatto lungo tutta la filiera, con un ruolo strategico del serramentista

Martina Montinaro, Innovation & Sustainability Manager del Gruppo DFV, è membro del consiglio direttivo dell’associazione Aital dove ha fortemente sostenuto la formazione del gruppo di lavoro Aluminium EcoBuilding, di cui è coordinatrice. Durante l’assemblea generale dell’associazione di ottobre 2022 ha presentato in anteprima il progetto Aluminium EcoBuilding, che ha riscosso un ottimo successo e noi abbiamo deciso di intervistarla per scoprire i dettagli del progetto e il ruolo che avranno i serramentisti.

Il progetto Aluminium EcoBuilding in breve

“L’associazione Aital, che rappresenta più del 70% delle aziende italiane del comparto dei trattamenti superficiali dell’alluminio (ossidazione anodica, verniciatura e decorazione) e relativa filiera, è chiamata ad affrontare la sfida della sostenibilità. L’associazione sente di dover dare il proprio contributo alla causa dell’economia circolare, tema che ci coinvolge tutti a livello globale. In particolare, essendo l’alluminio il materiale sostenibile per eccellenza perché potenzialmente riciclabile un numero infinito di volte, è importante che AITAL si occupi delle strategie che le aziende associate devono sviluppare per ridurre il proprio impatto ambientale ed aumentare il proprio vantaggio competitivo. Il gruppo di lavoro EcoBuilding si pone come obiettivo primario quello della decarbonizzazione del settore dell’alluminio: il ruolo dell’associazione sarà quello di massimizzare gli effetti positivi delle buone pratiche attivate da ciascuno degli stakeholder, sfruttando la valorizzazione degli effetti di network, con importanti risultati sia dal punto di vista ambientale che di sviluppo delle singole imprese. Vogliamo superare i classici meccanismi di competizione e di cooperazione per attivare dei processi ‘coopetitivi’ tra le aziende associate, nei quali i singoli attori, uniti da una convergenza di interessi, mettono a fattor comune le proprie risorse portando avanti strategie congiunte e condivise volte a massimizzare il valore globale e minimizzare l’impatto del manufatto prodotto dall’intera filiera”.

Il punto di partenza del vostro progetto è la durabilità. Perché è così importante?

“Ogni impresa che realizza prodotti parte dalle scelte di processo e dei materiali per garantire la qualità e la performance desiderate. Naturalmente gli effetti di queste scelte si propagano lungo l’intera filiera, a volte amplificandosi, fino ad arrivare nelle case dei consumatori. Nel caso specifico, gli eventuali problemi e difettosità di una finestra si manifestano sul serramento posato senza alcuna possibilità di tracciare la storicità delle scelte che hanno avuto effetti sulla durabilità del prodotto. Oggi, invece, vogliamo ribaltare questo approccio: vogliamo capire come ogni variabile di processo scelta da ciascun attore produca un effetto positivo o negativo sulla qualità del prodotto finito, quantificandone anche i relativi impatti ambientali. Infatti, ogni variabile di processo può cambiare significativamente la carbon footprint del prodotto finito (oltre che della singola azienda) soprattutto rispetto alla sua durabilità, e questo è relativamente facilmente quantificabile tramite strumenti di analisi come il Life Cycle Assessment. Tuttavia, nessuno finora si è chiesto come le differenti combinazioni tra tutte le scelte di processo possano influenzare la qualità e la durabilità del prodotto finito, e conseguentemente il suo impatto ambientale. In altre parole, il nostro obiettivo è quello di semplificare la complessità insita nel problema fino a comprenderne analiticamente tutte le sfaccettature tecniche. particolare, nella nostra indagine, siamo interessati a stabilire quale combinazione di scelte di processo e di materiali possa generare un effetto moltiplicativo positivo sul serramento stesso”.

Un progetto davvero ambizioso. Come state procedendo dal punto di vista pratico?

“Abbiamo avviato dei test sperimentali per misurare analiticamente la performance delle varie combinazioni di parametri, come lega d’alluminio, tipologia di pretrattamento, tipo di vernice oppure strato di ossido anodico ecc. I risultati di questi test esplorativi ci indicheranno come i campioni trattati e processati secondo i diversi scenari rispondono ai test di corrosione e di durabilità. L’obiettivo temporale del nostro studio è posto a 50-60 anni di durata del serramento. Naturalmente, ci troviamo ad affrontare dei quesiti scientifici per i quali non esistono risposte univoche e dimostrate. Infatti, trasferire i risultati di test di laboratorio accelerati a test reali di esposizione in esterno, soprattutto su una scala temporale così ampia, non è una cosa banale. La scienza ci aiuterà a trovare una risposta, ma ad oggi resta un quesito aperto”.

Dove eseguirete i test del progetto Aluminium EcoBuilding?

“I test saranno svolti sia nei laboratori dell’azienda Ponzio, che ha dato la sua disponibilità per predisporre alcuni campioni e per reperire le varie leghe da analizzare, che presso i laboratori accreditati di Qualital Servizi. Terminati i test della prima fase, e valutati gli esiti, alcuni campioni saranno sottoposti ai test in esposizione naturale presso il sito di Genova”.

Il progetto che avete avviato richiede che la divulgazione degli studi e dei risultati sia completa e trasparente lungo tutta la filiera. Avete pensato come far arrivare il messaggio fino all’utente finale?

“È importantissimo coinvolgere l’end user in questo progetto fin dall’inizio, e i serramentisti hanno un ruolo chiave in tal senso, poiché nella nostra filiera rappresentano l’interfaccia tra il cliente finale e le aziende di produzione. Sono, inoltre, i detentori di tutte le informazioni riguardanti le condizioni di processo, le tecnologie adottate dalle aziende e le innovazioni da esse sviluppate. Il serramentista dev’essere l’attore grazie al quale tutte le informazioni raggiungono il cliente finale e ne soddisfano il bisogno informativo e formativo, comunicando in tal modo il valore generato dalla filiera. Inoltre, il serramentista ha, a mio parere, anche il ruolo chiave di designer: infatti, conoscendo la destinazione della finestra, egli deve avere un importante ruolo decisionale nella scelta dei materiali e dei processi del serramento. Il serramentista dev’essere in grado di spiegare al consumatore perché scegliere un determinato prodotto rispetto ad un altro, scegliendo le giuste leve di costo, qualità e sostenibilità a seconda delle differenti applicazioni. Operando in tal modo, il produttore di infissi aiuterà il consumatore nella sua scelta d’acquisto consapevole, dando il giusto valore allo sforzo che Aital sta profondendo in questo progetto. La maggiore consapevolezza del mercato non potrà che premiare le aziende che si sono impegnate ad abbassare la propria impronta di carbonio. Questo coinvolgimento è molto importante per rafforzare anche il posizionamento strategico dell’alluminio come materiale rispetto ai suoi competitor, nonché ad accrescere la brand reputation delle aziende del comparto dell’alluminio sul tema della sostenibilità. È cruciale, infine, il ruolo tecnico del serramentista rispetto alla posa del serramento: non dimentichiamo che una posa non ottimale rischia di vanificare lo sforzo di qualità dell’intera filiera”.

 

L’intervista completa sarà pubblicata sul fascicolo di marzo della rivista Nuova Finestra

Per ulteriori informazioni su questo progetto scrivere a [email protected]