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Dal dire al fare. ANFIT fa centro con una manifestazione di alto livello

Firmato il protocollo d’intesa con l’associazione dei consumatori Adiconsum.  Importante tavola rotonda con esponenti politici e delle Istituzioni

Una firma apposta sul protocollo di intesa tra Adiconsum, la maggior organizzazione a difesa dei consumatori, e Anfit è stata probabilmente il momento più saliente dell’assemblea straordinaria convocata dalla nuova governance dell'associazione per la tutela della finestra made in Italy siglando ufficialmente il cambio di passo voluto, diremmo imposto, dalla presidente Laura Michelini.

E’ stata una manifestazione di elevato livello, largamente partecipata, all’insegna dei nuovi programmi e soprattutto segnata da un ampio riconoscimento del ruolo che l’associazione si è ritagliato nel corso del tempo. Così in grande sintesi è stata l’assemblea generale di Anfit che ieri all’Ata Hotel di Bologna ha raccolto 120 operatori del settore, esponenti di tanti enti e associazioni sotto il motto “Si può … si deve fare”. Ma fare che cosa?

“Tutelare il lavoro italiano di tutte quelle aziende che oramai sono sempre di più e che propongono serramenti  in diversi materiali quali PVC, alluminio, legno” ha spiegato aprendo i lavori la presidente Laura Michelini. Detto senza nessuna acrimonia verso il prodotto low cost estero ma rivendicando parità di diritti e trattamento equiparante da parte della filiera dell’edilizia: stazioni appaltanti, imprese, progettisti, rivenditori fino ai consumatori finali ai quali oggi si offrono ampie garanzie di prodotto rintracciabile e a qualità controllata. “E se lo Stato non tutela committenti, imprese e consumatori, lo facciamo noi costruendo una filiera di qualità” ha aggiunto subito il direttore Piero Mariotto. E quindi largo ad una duplice polizza assicurativa RC Prodotto e Rimpiazzo a protezione del consumatore e del buon produttore, un’idea sviluppata assieme a una primaria società come Reale Mutua e presentata da Enrico Pambianchi. Unica nel mondo del serramento, attualmente garantisce il cliente con  tre anni di copertura che, a regime, potrebbero diventare cinque a partire dal momento dell’installazione. E lo garantisce anche se il produttore dovesse scomparire.

L’obiettivo dell’iniziativa, ha soggiunto Mariotto, è certamente garantire il privato ma anche arrivare a dare maggiori certezze e garanzie al mercato dei lavori pubblici, un terreno dove si sta facendo molto invasiva la penetrazione del prodotto low cost. Il tema della certezza di quello che si acquista è rieccheggiato ampiamente nelle parole di Renato Calì, segretario nazionale di Adiconsum, l’associazione di consumatori che vanta “150 mila soci garantiti e certificati”, e che non solo difende il singolo caso ma cerca di immaginare dei percorsi di tutela collettiva e percorsi di formazione all’insegna di una cultura della qualità. Del resto si sa che oggi “la sicurezza del prodotto acquistato induce il consumatore a una maggior spesa”. E quindi è “inevitabile oggi ragionare sulla contraffazione di prodotti e di marchi e sull’ecobonus dispensato senza controlli”. E quindi l’annuncio dell'accordo tra Adiconsum e Anfit che ha diversi obiettivi: informare consumatori e imprese in merito alle normative, valorizzare la produzione e la distribuzione dei prodotti made in Italy, creare un Ente paritetico di contrasto alle illegalità nel settore, implementare una white list di produttori certificati e con prodotti tracciabili, varando un codice etico e un protocollo per la conciliazione paritetica extragiudiziale delle controversie.

Perfettamente complementari alle prime due relazioni, anche se necessariamente più tecnici, gli interventi di Alessandro Duches di Essorsoft sull’etichetta energetica numerata e di Stefano Mora del Consorzio Legnolegno sul label di posa. D’ora in poi ogni serramento prodotto dai soci Anfit verrà dotato di una etichetta energetica individuale, numerata e unica. Finora sono state emesse 30 mila etichette. Fatto importante del label energetico non è solo il suo contenuto specifico, ha precisato Mariotto,  ma è anche il contrassegno “Prodotto in Italia”, il che pone automaticamente l’infisso sotto la tutela della legge tenendo conto che un’indicazione mendace può valere fino a 2 anni di carcere e un’ammenda fino a 250 mila euro. Stefano Mora ha dato conto dello stato di avanzamento del percorso che porterà a un sistema di rating delle prestazioni di un serramento posato in opera. Attualmente è in corso una campagna di misurazioni pre e post intervento di sostituzione su cantieri “uno diverso dagli altri”. Mancano ancora l’elaborazione tecnica e il sistema di rating e di regolamentazione. Tuttavia l’esponente di Legnolegno si è detto fiducioso, assieme ai colleghi del Gruppo di Lavoro Posa in opera, di poter portare a termine l'impresa nel giro di pochi mesi.

La seconda parte dell’assemblea è stata dedicata a una tavola rotonda moderata da Ennio Braicovich di Nuova Finestra e che ha visto partecipare tre parlamentari – Gianni Girotto del Movimento 5 Stelle, Guido Guidesi di Lega Nord, Filippo Piccone di NCD, assente perché indisposto il sen. Stefano Vaccari del PD – il direttore generale di Finco Angelo Artale, il vicepresidente di UNI Sergio Fabio Brivio e Maria Anna Segreto di Enea.

Dopo una breve premessa in cui il moderatore ha descritto con lampanti esempi la situazione di svantaggio dei produttori italiani e citato l’esempio francese della qualifica RGE (vedi news) a tutela delle aziende d’Oltralpe, gli esponenti delle Istituzioni hanno offerto le loro riflessioni su come, pur rispettando la legislazione comunitaria e i principi della libera concorrenza, si possa giungere a un sistema che garantisca i consumatori italiani e i buoni produttori nazionali. 

Un esempio evidente di grave lacuna normativa è l’assenza di un’Autorità di vigilanza sui prodotti da costruzione prevista obbligatoriamente dal Regolamento Prodotti da Costruzione. Insomma, il nostro paese è un colabrodo da questo punto di vista. Un altro handicap per i produttori nostrani è rappresentato da un decreto del 1993 sull’Iva sui prodotti esteri che doveva essere transitorio (le cosiddette fatture ‘senza IVA, versata in reverse charge) e che avvantaggia considerevolmente rivenditori e piccole imprese se acquistano prodotti all’estero (vedi la confessione di un rivenditore). E poi, come fare perché i soldi delle detrazioni fiscali del 65% restino in Italia e non se ne fuggano tutti all’estero? e che fare perché i controlli sulle opere da 65% non siano solo cartacei? e che cosa possiamo fare perché le opere di risparmio energetico siano realizzate da aziende e operatori qualificati?  

Largamente d’accordo i partecipanti, parlamentari per primi, nel voler difendere la produzione made in Italy cercando di individuare dei percorsi che possano difendere i buoni produttori, i clienti finali, e anche lo Stato dai pirati dell’ecobonus, dispensato, come denunciato pure dal segretario di Adiconsum, con troppa facilità e senza seri controlli.