Economia

Alluminio al massimo spinto da energia, Cina, Ucraina e Russia

Il metallo leggero ha raggiunto ieri il prezzo di 3225 $/t, una quotazione mai vista nello storico del LME, il London Metal Exchange ma gli analisti di Goldmann Sachs prevedono anche i 4000 $/t. Tra le cause dell’impennata le tensioni sui prezzi dell’energia, il gas, le chiusure in Cina e i rischi guerra tra Ucraina e Russia

Il prezzo dell’alluminio a tre mesi del LME è salito ieri a oltre 3.221 dollari alla tonnellata. Siamo di fronte a un aumento del 56% in un anno, come testimonia il grafico di Trading Economics. Si tratta di un prezzo mai visto nello storico del LME, il London Metal Exchange, dal 1992 a oggi (vedi grafico in basso). Dopo alcuni mesi in cui le quotazioni erano scese verso i 2600$/t (vedi qui) il metallo ha ripreso a correre in maniera forsennata. L’attuale prezzo stellare del metallo leggero è stato raggiunto per la congiunzione di più fattori. Da un lato la contrazione delle scorte e le preoccupazioni per la possibile diminuzione della produzione del principale produttore cinese. Dall’altro le tensioni politiche tra Ucraina e Russia, altro grande produttore di alluminio, e le preoccupazioni sulle forniture di gas dalla Russia all’Europa occidentale.

Alluminio. Prezzi LME dal 1992 al 2022

I fattori di crisi

Anzitutto le scorte nei magazzini del LME sono crollate a 768 mila tonnellate, il livello più basso dal febbraio 2007. In Cina il protagonista è di nuovo il coronavirus che ha colpito la città di Baise. Si tratta di una città-prefettura nella Regione autonoma di Guangxi Zhuang, situata nel sud della Cina e posta da domenica in quarantena. A Baise è concentrata buona parte della produzione di alluminio dello Guangxi che a sua volta è al terzo posto tra le regioni produttrici di metallo leggero. Peraltro a ridurre le produzioni metallurgiche cinesi stanno contribuendo indirettamente i Giochi Olimpici invernali di Pechino. Il governo cinese ha voluto ridurre l’inquinamento atmosferico nelle regioni circostanti e quindi ha staccato la spina alle centrali elettriche a carbone che alimentano le fonderie.

Le tensioni politico-energetiche

Gli elevati prezzi del gas e dell’elettricità in Europa occidentale hanno già portato alla chiusura di diversi impianti di produzione di alluminio o alla riduzione dei livelli produttivi. Vedi il caso drammatico della Deral Spa di Manerbio (BS), grande produttore di billette di alluminio per estrusione, che si è vista recapitare una fattura extra di 500 mila euro di gas. Come ha denunciato nei giorni scorsi un servizio su SkyTG4. Su scala europea pare manchino alcune centinaia di migliaia di tonnellate. Il tutto mentre le crescenti tensioni politiche tra Ucraina e Russia, e quindi tra quest’ultima e i paesi occidentali sono oramai al calor bianco. Da notare che il 40% del gas consumato nell’Unione europea proviene dalla Russia. Ad aggiungere altra benzina sul fuoco ci ha pensato il presidente Usa Joe Biden. L’altro giorno ha dichiarato tranquillo che se la Russia attaccasse l’Ucraina, il gasdotto Nordstream2 non esisterà più. Una minaccia che non ha contribuito a calmare le acque e i prezzi dell’energia, del gas e dell’alluminio, metallo che richiede tanta energia per la produzione.

Alluminio verso i 4000 $/t?

Sempre più richiesto nei settori dell’automotive, dei trasporti, della meccanica, delle costruzioni (facciate continue, serramenti e tanti altri prodotti) l’alluminio manca alle industrie dell’Europa occidentale. Al punto che gli analisti di Goldmann Sachs prevedono un prezzo stratosferico di 4000 $/t per il metallo leggero e prezzi altrettanto altissimi per i metalli industriali e le altre materie prime. La ripresa economica postpandemica ha un suo prezzo.

a cura di Ennio Braicovich