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Case green: perché tante polemiche sulla stretta UE?

Nei giorni scorsi si è molto discusso riguardo gli obiettivi stringenti dell’UE sugli edifici inquinanti. Se è vero che l’Italia ha un parco immobiliare molto vecchio ed estremamente frammentato, queste direttive non sono una novità e altri Paesi si sono già mossi da tempo. È quindi un’opportunità o un ulteriore problema?

Le recenti dichiarazioni di Torbjörn Haak, vice ambasciatore svedese presso l’Ue riguardo il pacchetto Fit for 55 (di cui abbiamo recentemente dato notizia) e in generale la stretta sugli edifici inquinanti hanno innescato un susseguirsi di reazioni a catena di politici, esponenti di associazioni di categoria e giornalisti.

Dialogo aperto

Opinione netta e concreta quella della presidente Ance, Federica Brancaccio che si dichiara d’accordo con la Direttiva Europea e la necessità di ridurre le emissioni ma è preoccupata per tempi e modalità. Il patrimonio edilizio italiano, oltre a essere molto vecchio, è anche frammentato perché generalmente di proprietà dei cittadini e perciò la spesa per gli interventi di ristrutturazione ricadrebbe sulle famiglie con ricadute anche sui mutui e sul sistema bancario. Ance in sostanza chiede maggiore flessibilità sui tempi, la possibilità di utilizzare fondi europei e un dialogo aperto con il Governo per pianificare una politica di interventi a lungo termine.

L’opinione del Governo

Il ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto manda rassicurazioni al riguardo dichiarando che “il governo porrà in essere tutte le iniziative necessarie affinché il testo finale della direttiva contenga previsioni compatibili con le peculiarità del patrimonio edilizio italiano, consentendo di riqualificare in modo graduale evitando un’inaccettabile svalutazione degli immobili esistenti”.

E, infatti, in una lettera aperta al direttore del Sole24Ore, il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica dell’Italia Gilberto Pichetto Fratin precisa che “… sarà il Governo italiano e nessun altro a decidere tempi e modi per rendere sostenibile il patrimonio immobiliare del nostro Paese”.

Le politiche oltralpe

Di tutt’altro tenore le opinioni di Oscar Giannino che, sulle pagine de Il Foglio parla di “indignazione ridicola contro l’edilizia verde europea” da parte di alcuni esponenti politici e di associazioni. Entrando nel dettaglio delle sue dichiarazioni, troviamo un interessante parallelo tra le politiche di incentivazione di altri Paesi europei e quella italiana. Francia, Inghilterra e Germania, ad esempio, hanno varato manovre specificatamente orientate alla riqualificazione energetica e dedicate principalmente a famiglie con redditi bassi. L’Italia secondo Giannino ha totalmente sbagliato con la sfilza di bonus degli scorsi anni, modificati di volta in volta senza identificazione di classi di reddito o la priorità dell’innalzamento della classe energetica.

Necessari piani strutturati

A qualche giorno di distanza è Alessandro Maggioni, Presidente Nazionale Confcooperative Habitat e CCL Milano, che prende la parola sulle colonne del Sole24Ore per azzardare alcuni suggerimenti. Secondo Maggioni andrebbero programmate ingenti risorse comunitarie indirizzate a un vero piano per la ri-europeizzazione della filiera produttiva edilizia per ridurre la dipendenza da altre economie; andrebbero poi graduati gli incentivi in relazione sia alla condizione degli edifici sia al reddito dei cittadini, incentivi che non dovrebbero mai superare l’85% dei costi complessivi (bocciando di fatto il superbonus 110%); e, infine, bisognerebbe focalizzarsi non su un semplicistico aumento di classe energetica degli immobili ma su azioni strutturate che migliorino realmente la situazione reale.

Polemiche inutili?

Polemiche inutili verrebbe quindi da dire, perché a ben guardare, pare sostengano tutti la medesima tesi e non va dimenticato il fatto che la Direttiva Europea, in quanto direttiva e non regolamento andrà per forza di cose declinata con un piano specifico per ogni singolo Paese.

Va inoltre specificato che il testo definitivo della Direttiva ancora non c’è ma pare siano già previste possibili esclusioni, come ad esempio gli edifici e i monumenti sotto tutela o collocati entro aree tutelate o quelli residenziali usati meno di quattro mesi l’anno.

Come la pensano gli italiani?

Insomma tanto rumore per nulla? Ma come la pensano i diretti interessati, quindi i cittadini che dovranno mettere mano al portafogli?

Secondo una recente indagine commissionata da Confindustria Assoimmobiliare a SWG, il 56% degli intenzionati a comprar casa, sceglierà un edificio in Classe A. Interessante anche il 55% che esclude categoricamente la possibilità di acquistare una casa in classe E, F o G anche a fronte di un risparmio sul prezzo d’acquisto. Va però detto che secondo questa indagine, il 49% dei proprietari di casa non conosce la classe energetica della propria abitazione. Molti infine sono convinti che le case con classi energetiche basse subiranno forti perdite ma un bel 60% ripone grande fiducia nel Governo che saprà incentivare adeguatamente anche questa operazione!

 

Polemiche a parte, di sicuro la Direttiva Europea è giusta e la svolta green degli edifici doverosa. La palla passa ai singoli stati che dovranno determinare tempi e modi per la loro realtà nazionale e noi ci auguriamo che il Governo italiano si apra al dialogo con associazioni di categoria, che guardi anche oltre confine se necessario per prendere spunti interessanti e che cominci a definire politiche di incentivazione mirate e a lungo termine.

a cura di Olga Munini