Economia

European Aluminium: no al riconoscimento di economia di mercato alla Cina

Continua l’attività di contrasto di European Aluminium al riconoscimento dello status di economia di mercato alla Cina, cosa che secondo l’associazione europea dell’alluminio spalancherebbe le porte europee all’invasione di prodotti metallurgici cinesi.

Continua l’attività di contrasto di European Aluminium al riconoscimento dello status di economia di mercato alla Cina, cosa che secondo l’associazione europea dell’alluminio spalancherebbe le porte europee all’invasione di prodotti metallurgici cinesi. Lo riferisce il notiziario di Assomet, l'associazione italiana delle industrie dei metalli non ferrosi.

Anche la conferenza organizzata il 17 novembre scorso a Milano da Aegis, l’alleanza delle industrie europee per il manifatturiero, che ha dato voce alle preoccupazioni di importanti comparti produttivi nazionali sui rischi di un riconoscimento “de facto” di status di economia di mercato alla Cina. Non è un caso che alla conferenza ha preso parte anche il presidente di Centroal, Mauro Cibaldi, in rappresentanza dell’industria europea dell’alluminio, così come gli omologhi di Federacciai e di altre associazioni europee dell’industria.

La posizione del manifatturiero italiano è chiara: se le nuove norme in tema di difesa commerciale non dovessero mantenere gli attuali criteri ad hoc per le economie non di mercato il comparto si troverebbe senza difese davanti al dilagare di importazioni cinesi sottocosto. Ecco perché le proposte di riforma presentate lo scorso 9 novembre dalla Commissione europea in tema di misure antidumping e antisovvenzioni sono state esaminate e criticate durante il dibattito.

Prevedono, infatti, l’utilizzo di valori di riferimento diversi dagli attuali nella modalità di calcolo del dumping sull’import da Stati aderenti al Wto. In pratica, non vi sarebbe più relazione con i prezzi di un Paese a economia di mercato, ma con quelli di un Paese dallo sviluppo economico analogo a quello dell’esportatore. Inoltre, all’esecutivo europeo toccherebbe preparare una serie di relazioni sulle condizioni specifiche del Paese per decidere se questo ha un’economia distorta oppure no. “Trovo la proposta di riforma insufficiente – ha spiegato l’europarlamentare del Pd, Alessia Mosca, contestando la discrezionalità dei meccanismi di valutazione e la mancanza di criteri chiari per l’estensione dei rapporti – senza considerare che non è stata neanche stabilita la periodicità di tali rapporti”.

Altro critica mossa a Bruxelles è quella relativa alle tempistiche: a dicembre terminerà il periodo transitorio di 15 anni previsto dal Wto, quindi la Cina, almeno in teoria, potrebbe essere riconosciuta come un’economia di mercato senza che l’UE abbia avuto il tempo di valutare le modifiche appena proposte e il suo Parlamento di esprimersi al riguardo entro la fine dell’anno.

Il Commissario UE al Commercio internazionale Cecilia Malmström, ha respinto ogni critica, sostenendo che la riforma antidumping è un buon compromesso: “La Cina – ha precisato Malmström – non è un’economia di mercato, non lo sarà domani e non lo sarà entro la fine dell’anno. Ma le misure antidumping in vigore sono già oltre 40 e ci tutelano”.

La pensa al contrario il ministro italiano Calenda, che ha ribadito la totale bocciatura di questa proposta di riforma da parte dell’Italia definendola “inaccettabile, debole e complessa”. “Faremo battaglia in Consiglio e al Parlamento Ue” ha affermato, ricordando inoltre che la Cina al momento soddisfa, forse, solo uno dei cinque criteri che la stessa Ue si è data per valutare il tipo di economia di un Paese.”