Importazioni di serramenti in pvc. Continua la crescita

A essere importati sono soprattutto i serramenti commodity, cioè infissi in pvc, magari bianchi

Le cifre più recenti sulle importazioni di serramenti sono state rilasciate dall’ultimo Rapporto Unicmi 2018 (vedi news) che riprende dati pubblici di Istat e dell’Agenzia delle Dogane. Il dato sostanziale è che il fenomeno continua in maniera importante e riguarda soprattutto infissi in pvc.

Provenienze importazioni infissi in pvc 2017

Nel 2017 il valore dell’import di infissi in pvc ha sfiorato i 100 milioni di euro. Nel giro di dieci anni, ha rilevato il prof. Carmine Garzia presentando il Rapporto, l’import è salito dai 37 milioni del 2008 ai 98,1 milioni € dello scorso anno. Un andamento segnato da alti e bassi, ma sempre con una crescita media annua di rilievo pari all’11,4% a fronte del crollo della produzione e della domanda nazionali registrato nello stesso periodo.

Import 2011-2017 di infissi in pvc da Germania, Austroia, Polonia e Romania

Sono principalmente quattro le nazioni da cui importiamo infissi in pvc: Germania, Austria, Polonia e Romania. Da esse proviene l’87% dell’import ufficiale. Di rilievo il comportamento differenziale dei quattro paesi negli ultimi sette anni in termini di CAGR (tasso di crescita media). La Germania è in leggero calo (-0.7%) mentre crescono Austria (+3,9%), Polonia (+12,9%) e soprattutto Romania (+20,5%). “Nel caso degli ultimi due paesi – rileva Garzia – la crescita è imputabile a un evidente vantaggio di costo dei loro prodotti rispetto a quelli tedeschi. Questa tendenza verso prodotti a basso costo (e basso prezzo) induce ad ipotizzare che il numero di pezzi importati sia aumentato per via della diffusione di prodotti con prezzi inferiori”.

Fila di camion carichi di finestre in pvc polacche su autostrada italiana

Sempre Garzia segnala che per dare il giusto peso economico a questi infissi è necessario moltiplicare il valore dell’import per 2.2-2.4. Il valore al consumatore finale italiano diventa quindi 220-240 milioni di euro che rappresenta il 20-25% del mercato dell’infisso in pvc in Italia che vale 8-900 milioni di euro. Quindi tra il 20-25 % del mercato del pvc e attorno al 5% del mercato globale del serramento in Italia.

Agli operatori che evidenziano una forte presenza del prodotto importato che appare ben superiore alle cifre ufficiali, il coordinatore scientifico dell’Ufficio Studio Unicmi segnala che “questi sono i dati ufficiali. Se poi qualcuno bara, beh non ci possiamo fare molto…”

Serramenti in pvc provenienti dalla Romania sull’autostrada Trieste-Venezia

Aggiungiamo, per esserci stato riferito numerose volte e per averlo visto di persona, che esiste un fenomeno diffuso di microimportazione da parte di operatori dell’edilizia che operano in Italia (il caso tipico è quello del muratore rumeno…e l’Italia è piena di muratori rumeni dalla Valle d’Aosta alla Sicilia) e che importano con mezzi semplici (il camioncino da lavoro, il carrello auto) piccole partite di serramenti. Basta mettersi sull’autostrada Trieste-Venezia o sui valichi dell’ex confine tra Italia e Slovenia per constatare l’entità del fenomeno. A ciò possiamo aggiungere le cifre della microimportazione attuata da impresari edili, rivenditori, serramentisti italiani. Non sono cifre importanti in assoluto ma globalmente aggiungono numeri a numeri e che sfuggono alle statistiche ufficiali.

Si tratta di un fenomeno di competizione pervasiva specie per i produttori di serramenti in pvc con inevitabili ripercussioni anche sugli altri produttori e quindi sul mercato. Di nuovo Garzia: “Ciò crea una concorrenza complessa soprattutto perché si tratta di importazioni di un serramento commodity, cioè un prodotto molto uguale, poco distintivo il cui prezzo basso dà fastidio agli altri produttori. Il problema grosso è che parecchi infissi vengono prodotti nei paesi dell’est nelle cosiddette ZES-Zone Economiche Speciali grazie ad aiuti di Stato più o meno mascherati.  E’ un tema di carattere politico. Io penso che questo è il miglior momento politico per sottoporre alla Commissione il problema della concorrenza sleale e degli aiuti di Stato presentando un dossier dettagliato su un paio di paesi”.

Anni addietro, ci provarono i produttori tedeschi a protestare contro la concorrenza a basso prezzo che veniva dall’est  presso la Commissione europea ma gli andò male. Ora forse il clima politico è cambiato. C’è una maggiore sensibilità al problema anche se sul piatto della bilancia occorre mettere gli interessi della grande industria occidentale (tedesca ma anche italiana, automotive in primis) cui interessa molto l’attività delle ZES dove la forza lavoro costa 6-8 euro all’ora anziché 28 o 38.

Qualcuna delle nostre associazioni provò a protestare presso il Ministero dello Sviluppo economico ma andò male ugualmente. Non foss’altro perché, così dissero i ministeriali (e non avevano torto), ogni azione di contrasto all’import di infissi a basso costo provenienti dall’est si sarebbe ripercossa inevitabilmente sull’export di tanti prodotti di peso del Made in Italy (macchine, moda, alimentari,…) verso quei paesi. E saremmo stati inevitabilmente accusati da parte della Commissione di ostacolare la libera concorrenza all’interno dell’Unione.

In un tale clima sicuramente è più produttivo e pratico il ripensare all’identità delle nostre aziende, grandi o piccole che siano, alla luce attorno alle tre linee di lavoro strategico raccomandate dallo stesso prof. Garzìa (vedi news): Aumento della produttività. Crescita delle competenze manageriali. Value delivery (trasmissione del valore) al cliente finale. Ne aggiungerei, per chi ne ha le capacità e può permetterselo, una quarta: Design.

(eb)