Attualità

Porte tagliafuoco. Broglio: così la Circolare in regola con la UE

Secondo l’esperto normatore, italiano ed europeo, la Circolare del 6 novembre del Ministero dell’Interno sulle porte resistenti al fuoco avrebbe dovuto essere scritta in altro modo per non violare i regolamenti comunitari

Continua il dibattito sulle porte tagliafuoco, esterne e interne, alla luce della Circolare del 6 novembre del Ministero dell’Interno che fissa le nuove regole a partire dal 2 novembre, data di inizio della obbligatorietà della marcatura CE secondo EN 14351-1 e EN 16034 sulle porte pedonali esterne e i portoni, interi ed esterni, resistenti al fuoco.

Nel corso della discussione Samuele Broglio, noto normatore italiano ed europeo, aveva sollevato il tema del possibile rischio di infrazione alle regole comunitarie da parte della Circolare. Al normatore abbiamo chiesto di chiarire meglio questo punto e, esercizio ancor più difficile, abbiamo chiesto di ipotizzare il modo in cui la Circolare avrebbe dovuto essere scritta per stare all’interno delle regole dell’Unione. Con un chiaro paletto: attenzione che da rispettare ci sono sia le regole normative che quelle sull’efficienza energetica (DM 26 giugno 2015) adombrate nella Circolare in un preciso passaggio:

Si rappresenta che una “porta per uso esterno” è un serramento che separa due locali con condizioni climatiche diverse (ad esempio un vano climatizzato da un vano non climatizzato, o un vano dall’ambiente esterno alla costruzione).”

L’evocazione del DM 26 giugno 2015 sui requisiti minimi in materia di efficienza energetica in edilizia è immediata. Con il senno di poi sarebbe stata opportuna una maggiore evidenziazione delle leggi sull’efficienza energetica in edilizia e del loro rispetto. Qui di seguito ospitiamo il raffinato contributo di Broglio che ringraziamo per l’esercizio intellettuale. A fine testo, il lettore troverà anche una nostra ipotesi di lavoro.


Samuele Broglio
Samuele Broglio

Ammesso che la volontà del Ministero degli Interni all’atto dell’emanazione della Circolare fosse quella di:
• stabilire il nuovo modus operandi da tenere a fronte della variazione normativa rappresentata dall’entrata in vigore della EN 16034, e nel contempo

• di integrare le richieste sue proprie con quelle più di competenza di MISE e quindi di creare una sorta di differenziazione tra le “porte tagliafuoco senza altre necessità prestazionali” (p.ex porte tra locale caldaia e autorimessa o porte da porre tra locali entrambi non riscaldati) e le “porte tagliafuoco con altre necessità prestazionali” (proprio le porte caposcala, come quelle che per esempio dividono gli uffici da un locale officina)

il mio timore è che, pur essendo condivisibile lo scopo, la via scelta non sia la più efficace e soprattutto non sia quella meno foriera di rischi.

È anzitutto necessario tenere presente che le norme oggi esistenti non sono per nulla contraddittorie né vaghe in materia di cosa si intenda per porta interna od esterna.
Tenuto conto che:

• nello scopo della 14351-1 si statuisce chiaramente che tale norma non si applica alle porte coperte da prEN 14351-2 (oggi EN 14351-2, seppur non ancora armonizzata) nel capitolo 3 “termini e definizioni”, nello specifico al punto 3.1, si stabilisce che “porte di entrata in appartamenti o uffici dovrebbero essere considerate come porte interne”

• tra le caratteristiche proprie dei serramenti esterni sono comprese permeabilità all’aria e resistenza al carico del vento, caratteristiche assenti tra quelle delle porte interne e le cui relative sollecitazioni non agiscono su porte poste all’interno di vani scala chiusi ancorché non riscaldati

• nella EN 14351-2 è prevista la tipologia di “porte pedonali interne…..previste per essere utilizzate ove sono richieste una o più delle seguenti caratteristiche, rumore, energia, permeabilità all’aria e sicurezza in uso” proprio per permettere di trattare tra le porte interne quelle che debbano dare prestazioni più avanzate rispetto alla semplice regolazione della comunicazione interna in un edificio

fatto salvo il “dovrebbero” normativo, che viene utilizzato per obbligo in quanto non si può vietare che in caso di particolari necessità la norma più idonea venga applicata di conseguenza (nel caso specifico se una porta di ingresso ad un appartamento o ad un ufficio fosssero sollecitate ad acqua e vento sarebbe indispensabile e motivato trattarle come porte da esterno), è evidente che le porte caposcala normali inserite in un vano scala chiuso seppur non riscaldato debbano venire trattate senza se e senza ma come porte interne in quanto:

• non sono assolutamente sottoposte a sollecitazioni proprie dei serramenti esterni

• data la struttura dell’Allegato ZA possono essere sottoposte a EN 14351-2, cosa questa che esclude ogni possibilità di deroga rispetto alla definizione di cui al punto 3.1 (il “dovrebbero” di cui sopra serve a permettere deroghe,ma solo se motivate)

Assunto che l’obbiettivo fosse quello di cui all’apertura, quindi il rischio è che la toppa sia peggio del buco e che la Circolare ministeriale, seppur animata di buone intenzioni, rischi di essere oltre che confusiva anche facile da attaccare sia da parte di chi non voglia vedere nascere la differenziazione di cui sopra sia da parte di produttori che vedano lesa in questo modo la libera circolazione delle merci.
Quel che è peggio è il fatto che la Commissione, a fronte di segnalazioni in merito all’infrazione commessa, non potrebbe fare altro che constatarne l’esistenza (inserire nel campo di applicazione di una Norma già armonizzata oggetti chiaramente esclusi dallo scopo della stessa è sicuramente infrattivo) ed agire di conseguenza.

Il fatto è che il doppio obbiettivo di apertura a mio avviso potrebbe essere facilmente e comodamente raggiunto, oltretutto con una certa eleganza, semplicemente sfruttando il fatto che:

• le porte interne non sono ancora normate tramite Norma Armonizzata, ma che

• in ogni caso la norma tecnica su di esse già esiste, e tecnicamente (con buona pace della Commissione) è più che idonea alla determinazione/dichiarazione delle loro caratteristiche prestazionali

Sarebbe stata quindi sufficiente una Circolare nella quale, invece di far diventare esterno ciò che non lo è, si richiedesse:

• per le porte veramente esterne (poste su cavedi aperti, in facciata, su passaggi o su trombe scala non chiuse ecc….) la Marcatura CE ai sensi del combinato disposto UNI EN 14351-1 + UNI EN 16034

• per le porte poste all’interno di vani chiusi ma di divisione tra diversi climi (caposcala, porte tra uffici ed aree produttive o di magazzini ecc…) o diverse situazioni ambientali (porte di camera d’albergo che devono isolare dal rumore ecc….) una certificazione nazionale basata sul combinato disposto tra UNI EN 14351-2 “seconda fattispecie di cui ad Allegato ZA” (ossia le porte interne con richieste particolari relative a rumore, termica, aria) + certificazione ministeriale tagliafuoco (o, perché no, addirittura sul combinato disposto UNI EN 14351-2 “seconda fattispecie + UNI EN 16034; in mancanza di norma armonizzata uno Stato può decidere cosa usare per la determinazione prestazionale)

• se ritenuto necessario, per le porte poste all’interno di vani chiusi e che non richiedono particolari prestazioni aggiuntive (porte tra due ambienti ugualmente climatizzati) una certificazione nazionale basata sul combinato disposto tra UNI EN 14351-2 “prima fattispecie di cui ad Allegato ZA” (ossia porte interne di pura comunicazione) + certificazione ministeriale tagliafuoco (o magari combinato disposto tra UNI EN 14351-2 “prima fattispecie” + UNI EN 16034)

In questo modo:

• non si sarebbe intervenuti sul campo di applicazione di una Norma Armonizzata, azione che ad uno Stato è preclusa

• non si sarebbe rischiata una controversia che, se accadesse, potrebbe essere tutt’altro che piacevole

• si sarebbe comunque qualificato il mercato

• utilizzando l’ipotesi più rivoluzionaria ed implementando la EN 16034 (magari riconoscendo transitoriamente la validità della “vecchia” certificazione ministeriale su prodotti già esistenti così da non buttare il pregresso) per tutti gli aspetti legati al fuoco, magari premettendo nei considerata che la circolare viene emanata “per sanare il vuoto creato dalla mancata armonizzazione della UNI EN 14351-2 seppur in vigenza della EN 16034” e “per evitare alle imprese ed ai laboratori nazionali di dover applicare, a due tipologie di prodotti similari, due procedure diverse tra di loro con relativo aumento di costi e rischio di confusione”, si sarebbe unificato al massimo del possibile il quadro normativo nazionale evitando per le certificazioni future un eccessivo dualismo tra prodotti sottoposti a Marcatura CE e prodotti non ancora coperti

• sempre applicando il combinato disposto EN 14351-2 + EN 16034 si sarebbe allineato in anticipo il nostro mercato a quello che probabilmente sarà il futuro sistema di attestazione e verifica prestazione comunitario (la EN 14351-2 prima o poi entrerà in vigore, e con buona pace dei Commissari non potrà essere nella sostanza troppo diversa dalla versione attuale essendo il prodotto quello che è, mentre la EN 16034 quella è e quella più o meno resterà)

Questa è la mia visione di ciò che si sarebbe potuto e dovuto fare, non stravolgendo il quadro normativo già esistente forzando una Norma Armonizzata fuori dal suo scopo, ma utilizzando gli spazi di manovra permessi dal quadro in essere e applicando ciò che, seppur non ancora armonizzato (EN 14351-2) o non utilizzabile da solo (EN 16034) a livello europeo, può in ogni caso essere utilizzato liberamente da uno Stato in assenza di quadro comunitario definito.

Samuele Broglio, normatore



Le nostre considerazioni

La raffinata trattazione delle normative europee da parte di Broglio che abbiamo appena letto impone anzitutto un ragionamento sulla complessità dei regolamenti dell’Unione Europea che ha raggiunto livelli elevatissimi al punto da renderla patrimonio di pochissimi esperti e di rendere facilmente possibili errori dalle conseguenze non previste e non calcolabili a priori. E’ ben noto che questa complessità e questa complicazione hanno contribuito a far disamorare tanti operatori. Ovviamente Samuele, appassionato normatore, non è responsabile di questo stato di fatto, sia ben chiaro.

Entrando, invece, nel merito della materia, e non pretendendo di offrire consigli a nessuno e tantomeno agli esperti ministeriali, devo osservare che forse sarebbe bastato evidenziare nella Circolare, accanto al richiamo della necessità di marcatura CE e DoP per le porte pedonali esterne e per i portoni resistenti all’incendio a partire dal 1 novembre e della normativa nazionale sulle porte interne tagliafuoco, un richiamo al rispetto del DM 26 giugno 2015 sui requisiti minimi in materia di efficienza energetica in edilizia qualora porte pedonali, esterne e interne, e portoni separino un ambiente climatizzato da un ambiente non climatizzato. Ma forse questo sarebbe stato troppo semplice. Sarebbe bastata questa precisazione per evitare dibattiti che talvolta hanno assunto aspetti da disputa teologica medioevale. Sempre salvaguardando il ruolo del progettista antincendio cui spetta sempre e comunque la responsabilità di indicare collocazioni, prestazioni e caratteristiche delle chiusure tagliafuoco. Il citato DM 26 giugno 2015 è riuscito a bypassare mirabilmente le definizioni di porte esterne/porte interne concentrandosi invece sulla loro funzionalità in merito alla protezione della climatizzazione. Non a caso, all’interno di questo decreto ministeriale non si troverà alcun riferimento alla UNI EN 14351-1, la norma regina per le porte pedonali esterne e le finestre. Si troverà invece la più ampia e omnicomprensiva definizione di ” Chiusure tecniche trasparenti e opache, apribili e assimilabili, delimitanti il volume climatizzato verso l’esterno, ovvero verso ambienti non dotati di impianto di condizionamento, comprensive degli infissi”. Definizione che tutto abbraccia e comprende.

In ogni caso, grazie alla Circolare, oggi anche le chiusure tagliafuoco debbono rispettare le leggi sull’efficienza energetica, qualora separino ambienti a temperature diverse. E possono dare diritto alle detrazioni fiscali nel caso di sostituzione di porte obsolete ed ‘energivore’ che nel nostro paese sono tantissime. (eb)

Foto in alto: porte tagliafuoco interne, doc. Garofoli

a cura di Ennio Braicovich