DL Crescita

Rivenditori a rischio per la ritenuta d’acconto 8pc

A mettere a rischio i bilanci dei rivenditori di porte e finestre non c’è solo lo sconto in fattura ma anche ritenuta d’acconto dell’8%. Un consulente aziendale riporta le testimonianze dell’impatto sui bilanci dei rivenditori di porte e finestre.

Quale l’impatto dello sconto in fattura sui rivenditori di porte e finestre? Ne abbiamo parlato diffusamente negli ultimi tre mesi. Tuttavia nella battaglia per la modifica profonda o l’abrogazione dell’ articolo 10 del decreto Crescita (vedi l’ultima notizia al riguardo) è stato messo un po’ in un angolo il tema della ritenuta d’acconto dell’8% sui bonifici da ecobonus e bonus casa che rappresenta da anni un pesante drenaggio di liquidità dai bilanci di produttori e rivenditori e che da anni denunciamo come grave problema per il settore. Punta il focus dei riflettori sulla ritenuta d’acconto dell’8% la viva testimonianza di un consulente aziendale in visita a due rivenditori di porte e finestre di Palermo che riportiamo qui di seguito.


Ricci Giovanni
Giovanni Ricci

Sono un consulente aziendale e mi occupo di sviluppo commerciale. Tra i nostri clienti vi sono anche serramentisti e rivenditori di porte e finestre. Ho seguito con molta attenzione le evoluzioni normative riguardanti l’ecobonus “scontabile” direttamente in fattura per i clienti finali previsto dall’ormai famoso articolo 10 del Decreto Crescita.
Tralasciando ogni ulteriore considerazione tra tutte quelle già fatte al riguardo, vorrei riportare una esperienza di “vita vissuta” nella caldissima Palermo pochi giorni fa.
Mi riferisco ad uno scambio di battute che ho avuto due rivenditori di infissi impegnati anche nelle opere di ristrutturazione edilizia, ai quali mi presentavo per la prima volta per impostare degli interventi di sviluppo commerciale da loro richiesti.

Nei colloqui ho cercato di verificare come loro stavano vivendo questa possibilità data dalla legge al cliente finale, di farsi scontare in fattura il 50% del corrispettivo come cessione del credito d’imposta a favore del rivenditore o del produttore di infissi (che a sua volta potrà recuperarlo poi, nei 5 esercizi successivi sulle tasse da pagare).
La prima risposta dei due, in simultanea, è stata una bella risata accompagnata da uno scuotere il capo in segno di disappunto totale verso chi abbia solo potuto pensare una proposta del genere …. “Perchè ridete?….” Ribatto io in maniera un poco impertinente, con il chiaro intento di ‘provocarli’. La risposta è stata : “….noi al cliente che entra nello show-room, diciamo subito che non possiamo rinunciare al 50% di liquidità, perché l’azienda ha dei costi, deve pagare dei dipendenti, l’affitto, le tasse ecc.” Risposta ineccepibile, che sintetizza l’aberrante contenuto dell’articolo 10 del Decreto Crescita.

Non c’è solo l’articolo 10

Ma, ecco che arriva per me la sorpresa più inaspettata. I due rivenditori mi rappresentano con una semplicità a dir poco disarmante, l’impatto economico sulle loro aziende della ritenuta d’acconto dell’8% operata da banche e posta quali sostituti di imposta sui bonifici bancari o postali effettuati dal cliente finale per i lavori di ristrutturazione edilizia e risparmio energetico.
Il primo rivenditore mi dice: “Ho un fatturato di 500 mila euro che con l’applicazione della ritenuta d’acconto dell’8% fanno un credito di imposta di 40 mila euro a mio favore per il 2018. L’utile da tassare del 2018 è di circa 30 mila euro. Tasse ed anticipi vari circa 14 mila euro totali. Nel 2019 già mi hanno trattenuto altri 28 mila euro per vendite di infissi e tre ristrutturazioni appena concluse e dal 2016 mi porto dietro ancora un credito di 15 mila euro.”

Anche l’altro rivenditore aveva una situazione molto simile raccontata nelle medesime modalità.
A questo punto la domanda me la pongono loro: “Se per lavorare in questa terra dell’estremo sud, occorre tenere bassi i prezzi di vendita a causa della spietata concorrenza (legale e nera) che abbiamo, ci riesce a dire quanti anni dovrebbero passare per recuperare questo credito che si accumula e che vantiamo nei confronti di chi, da una parte i soldi li pretende subito (e pure in anticipo) e dall’altra concede sconti attraverso quella che dovrebbe essere la nostra liquidità?”

La verifica contabile sui bilanci dei rivenditori

Nel pomeriggio ho verificato le parole dei due operatori con i bilanci alla mano. Il primo in effetti ha pochi dipendenti interni e subappalta il montaggio degli infissi e le ristrutturazioni tutte all’esterno. Ha quindi pochissima possibilità di usare, ad esempio, il credito vantato per compensazione con altre tipologie di imposte (principalmente Inps o Iva). Il secondo rivenditore invece, per un vecchio debito verso l’erario di 1.700 euro iscritto a ruolo, con un contenzioso ancora aperto, non ha la possibilità di operare in compensazione, perché l’Agenzia delle Entrate la blocca in caso di debito verso l’erario iscritto a ruolo (per importi superiori a 1.500 euro!).
Entrambi i rivenditori sono dunque destinati a recuperare il credito d’imposta non nell’esercizio successivo (come contempla la legge) ma inevitabilmente in svariati anni successivi sempre che nel frattempo non se ne accumuli di nuovo ovvero intervengano nuove disposizioni di legge atte a gravare ancora di più sulla già fragile situazione finanziaria delle piccole imprese italiane.

Quante aziende di trovano nelle stesse condizioni?

Dott. Giovanni Ricci, Mikaline srl

 

a cura di Ennio Braicovich